Moni Ovadia: voce, chitarra
Michele Gazich: violino, viola, percussioni psicoacustiche, voce
Giovanna Famulari: violoncello, pianoforte, voce
Un ritorno al FolkClub, quello di Moni, atteso 19 anni. Con la direzione artistica e gli arrangiamenti di Giovanna Famulari e Michele Gazich, “Yiddish Blues” non è uno spettacolo teatrale, non è teatro-canzone, ma è -per la prima volta- ‘il concerto di Moni Ovadia’. “Yiddish Blues” è un affondo poetico e musicale nelle culture dell’esilio, nella spiritualità dei popoli senza patria, nel dolore e nella resistenza trasformati in canto. Lo spettacolo si apre con “Es brent!” (Sta bruciando!), canzone-manifesto scritta nel 1936 da Mordechai Gebirtig, che racconta l’incendio di una città come metafora di persecuzioni e ingiustizie. Prosegue con “Gelem, gelem”, l’inno del popolo Rom, che diventa cuore pulsante del concerto, ponte tra memorie nomadi e identità negate. “Yiddish Blues” è una costellazione di lingue, canti, racconti e suoni che sfuggono a ogni categoria. Un Blues non canonico e profondamente eretico, come lo definisce lo stesso Ovadia, costruito con le storie di chi è costretto a camminare, a sopravvivere, ma anche a cantare, per esorcizzare il dolore. In scena si incontrano personaggi segnati dal maltamé, termine che nella parlata degli ebrei di Venezia indica il tormento dell’anima, e che trova eco nel più classico woke-up-this-morning del blues afroamericano. Sul palco, Moni Ovadia dà voce e corpo a questo universo errante, accompagnato da due musicisti straordinari: Giovanna Famulari e Michele Gazich. Insieme hanno costruito un concerto che è rito laico, atto civile e esperienza poetica, un atto di memoria e resistenza. Le canzoni diventano ferite che parlano, strumenti contro l’oblio, melodie per le orecchie annoiate dei boia. Si berrà il latte nero dell’alba, citando Paul Celan, alla ricerca di un frammento di luce per i tempi bui che stiamo attraversando.
Moni Ovadia, nato a Plovdiv in Bulgaria e cresciuto a Milano, proviene da una famiglia ebraica sefardita inserita nel contesto culturale yiddish e mitteleuropeo, elemento che segna profondamente tutta la sua opera artistica. Laureato in Scienze Politiche all’Università Statale di Milano, inizia parallelamente il suo percorso artistico sotto la guida di Roberto Leydi, esordendo come musicista e cantante nel Gruppo dell’Almanacco Popolare. Negli anni ‘70 fonda il Gruppo Folk Internazionale, poi Ensemble Havadià, con cui partecipa a importanti festival folk europei. Polistrumentista (violino, chitarra, tromba), sperimenta un folk-progressivo innovativo per l’epoca, pubblicando diversi album. Collabora anche con gli Stormy Six e dà vita alla cooperativa l'Orchestra, prima etichetta indipendente italiana. La sua ricerca si concentra da sempre sulla memoria ebraica dell’Europa orientale, che reinterpreta in chiave musicale, teatrale e civile.
Giovanna Famulari è una musicista poliedrica, diplomata in violoncello presso il Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste. Artista a tutto tondo, è anche pianista, arrangiatrice e produttrice artistica, capace di spaziare con naturalezza dal pop al jazz, dalla world music alla contemporanea, fino al teatro musicale e alle colonne sonore. Con una carriera che unisce rigore classico e apertura alla sperimentazione, ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Premio Pavoncella d’Oro e il Premio AILA 2018. Attiva in ambito teatrale e televisivo, ha collaborato con la Rai come compositrice e interprete in numerosi programmi radio e TV. Parallelamente ai suoi progetti solistici, lavora con artisti italiani e internazionali, portando il suono del suo violoncello sui palcoscenici di tutto il mondo, dall’Europa al Medio Oriente, fino al Sud America.
Michele Gazich è musicista, poeta, produttore artistico, compositore, scrittore di canzoni, storico amico del Folkclub. Opera professionalmente nel mondo della musica dall’inizio degli anni novanta: tour in Italia, Europa e USA, collaborazioni con cantautori italiani, europei e singer-songwriter statunitensi (Michelle Shocked, Mary Gauthier, Eric Andersen e Mark Olson); orchestre; spettacoli teatrali; performances di poeti; colonne sonore cinematografiche; università e conservatori italiani ed esteri. Michele Gazich, ad oggi, ha collaborato a più di cinquanta album e ne ha pubblicati dodici a suo nome. Più volte finalista alla Targa Tenco, ha partecipato ad album finalisti ai Grammy Award. Ha suonato al Senato Spagnolo, al Kennedy Center di Washington e al Billboard Auditorium di Tokyo. La sua è una dimensione di nomadismo artistico e di ricerca costante, che è diventata esistenziale.