Marc Ribot: voce e chitarra
A distanza di sei anni dal clamoroso ‘solo’ di chitarra che chiuse la nostra XXXI Stagione, questo stralunato, estroso, eclettico, ricercatissimo, talentuoso geniaccio della musica contemporanea mondiale, considerato a ragione uno dei più apprezzati chitarristi di sempre, ritorna sul palco del FolkClub per presentarci il suo nuovo, strepitoso, progetto musicale.
"Quando si parla del chitarrista Marc Ribot, è sicuramente più efficace chiedersi cosa non ha fatto, piuttosto che elencare ciò che ha effettivamente realizzato. Nel corso di quattro decenni, la carriera di Ribot ha spaziato dal soul classico al blues nodoso, dalla no wave esplosiva alle eleganti colonne sonore dei film, dai ruoli di compositore solista al lavoro di supporto a Tom Waits; questa è solo una minima parte della sua prolificità... Sebbene la sua gamma solistica sia solo leggermente meno sconfinata della sua discografia complessiva, Marc predilige improvvisazioni tranquille e intricate intorno a standard riconoscibili a sprazzi ma che raramente suoneranno ripetitive rispetto alle loro fonti. Ribot è un maestro del tempo, del tono e del gusto, con una banca di esperienze così vasta e varia che può navigare attraverso qualsiasi canzone o situazione con brio. Considerate dunque partecipare ad un suo concerto dal vivo come assistere ad una Lectio Magistralis".(Grayson Haver Currin, indyweek.com)
Il nuovissimo album di Marc “Map of a Blue City” (pubblicato a maggio 2025) è una raccolta di nove canzoni, prodotta e mixata da Ben Greenberg con materiale raccolto in oltre 30 anni di lavoro. “È stato un lavoro lungo, con alcune canzoni che risalgono agli anni Novanta. Avevo solo un affetto per loro, quindi non le ho mai dimenticate”, dice Marc a proposito di queste canzoni. “Non ci lavoravo costantemente, ma ogni tanto facevo un altro tentativo per finirle”. Nel 2014 ha registrato con il suo vecchio amico Hal Willner, ma il progetto è stato accantonato e poi Hal è morto nel 2020. Alla fine, le sessioni di Willner e i demo casalinghi di Marc hanno ricevuto un ‘lifting’ sonoro da Greenberg. “Non sapevo come avrei potuto conciliare il materiale che avevo registrato con Willner con le registrazioni casalinghe che sentivo essere il cuore del disco”, racconta Marc. “Non sapevo se sarei riuscito a far stare tutto nello stesso disco, ma Ben è un genio assoluto. Abbiamo aggiunto alcune sovraincisioni, ma abbiamo anche tolto molte cose... Incredibilmente, ha funzionato!”.
Sebbene non si tratti di un progetto strettamente cantautorale, è il primo album di Marc a mettere al centro la sua struggente voce. “Map of a Blue City” presenta canzoni che fanno collidere tradizioni diverse: roots, bossa nova, no wave, noise, free jazz e suoni che non hanno (ancora) associazioni di genere. Il progetto comprende soprattutto composizioni originali, tra cui l'interpretazione di Ribot di “When the World's on Fire” della celebrata Carter Family e una sorta di rivisitazione trattata della poesia di Allen Ginsberg del 1949, “Sometime Jailhouse Blues”. “Map of a Blue City” è anche una riflessione su cosa significhi perdersi: la confusione e la paura, naturalmente, ma anche l'eccitazione generata da tante possibilità inimmaginabili. La storia personale di Marc è una strana mappa, piena di false partenze e vicoli ciechi; l'album ne sopporta il peso con estrema grazia, incorporando registrazioni realizzate in metà della sua vita e riflettendo sul percorso che lo ha portato a questo particolare momento. “Lavorando a questo album per così tanto tempo, ho visto il mondo cambiare radicalmente e non cambiare affatto. Alcuni dei temi di oggi sono gli stessi a cui pensavo quando ho iniziato a pensare all'album, ma altri sono cose che non avrei mai potuto sognare all'epoca. Ma credo che questo sia il motivo per cui ero così determinato a ottenere i giusti valori di produzione. La produzione di un disco è davvero complicata, ma tutto si riduce al tipo di ambiente in cui l'ascoltatore sente di trovarsi. In queste canzoni ci sono verità dure e osservazioni fredde. Volevo che l'ambiente fosse abbastanza piccolo da non farci allontanare, ma abbastanza caldo da farvi sentire come se lo steste ascoltando da un amico”. (Marc Ribot)
Marc Ribot È nato a Newark, New Jersey, nel 1954. Da adolescente suona la chitarra in varie garage band mentre segue le lezioni del suo mentore, il chitarrista classico e compositore haitiano Frantz Casseus. Trasferitosi a New York nel 1978, Ribot è membro della band soul/punk Realtones e dal 1984 al 1989 dei mitici Lounge Lizards di John Lurie. Tra il 1979 e il 1985 Ribot lavora come sideman in concerto con Brother Jack McDuff, Wilson Pickett, Carla Thomas, Rufus Thomas, Chuck Berry e molti altri. Ha contribuito in maniera determinante alla ridefinizione di quel genere di folksinging che gli statunitensi definiscono Americana, grazie alla sua preziosa chitarra nel sontuoso “Rain Dogs” di Tom Waits, nel 1985. Da allora Ribot è richiestissimo, tanto che sono davvero impressionanti i credit di Marc per quanto riguarda le sue presenze in dischi altrui; oltre al già citato Waits: Solomon Burke, John Lurie, Elvis Costello, Marianne Faithful, Arto Lindsay, Caetano Veloso, Laurie Anderson, David Sylvian, Neko Case, Cibo Matto, Jamaaladeen Tacuma, Susana Baca, McCoy Tyner, T-Bone Burnett, The Jazz Passengers, Evan Lurie, Chocolate Genius, Medeski Martin & Wood, James Carter, Vinicio Capossela, Auktyon (Russia), Sierra Maestra (Cuba), Alain Bashung (Francia), Vinicius Cantuaria, Joe Henry, Marisa Monte, Allen Ginsburg, Madeleine Peyroux, Sam Phillips, Patti Scialfa e più recentemente Allen Toussaint, Norah Jones, Akiko Yano, The Black Keys, Jeff Bridges, Jolie Holland, Elton John / Leon Russell e molti altri. Ribot collabora frequentemente con il produttore T-Bone Burnett, da ultimo nel CD “Raising Sand” di Alison Krauss e Robert Plant (album che si è aggiudicato ben 5 Grammy Awards) e collabora regolarmente con John Zorn. Le sue registrazioni come solista includono “Marc Ribot Plays The Complete Works of Frantz Casseus”, i formidabili fraseggi di “The Book of Heads” di John Zorn, “Don’t Blame Me” descritto dalla critica come “un disco pieno di gustosi, improbabili giochi” (Village Voice), “Saints, Exercises in Futility” e “Silent Movies”, pubblicato nel 2010 e celebrato come un ‘capolavoro’ da Village Voice, album inserito in diversi “Best of” del suo anno incluso quello del Los Angeles Times. Ha composto per le colonne sonore di diversi film (tra i quali “The Kids Are All Right”, “Where the Wild Things Are”, “Walk The Line” (Mangold), “Everything is Illuminated”, “Gare du Nord” (Simon), “The Departed” di Martin Scorsese e “Drunkboat”, con John Malkovich e John Goodman); di vari documentari e lungometraggi (tra cui “Revolucion: Cinco Miradas” della PBS e “The Killing Zone” di Joe Brewster). Il compositore Stewart Wallace ha scritto un concerto per chitarra e orchestra appositamente per lui. Marc è stato nominato curatore e direttore musicale per il 2009 del Century of Song Festival, parte della Triennale della Ruhr, in Germania, il che ha innescato nuove collaborazioni con Iggy Pop, Marianne Faithfull, David Hidalgo, il maestro del cajón Juan Medrano Cotito, Carla Bozulich e Tine Kindermann. Il NY Guitar Festival gli ha commissionato il progetto di colonna sonora in diretta con chitarra solista de “Il Monello” di Chaplin, Il 2014 ha visto l'uscita monumentale dell’album “Marc Ribot Trio Live al Village Vanguard”, che documenta il ritorno nel 2012 del leggendario contrabbassista Henry Grimes nello storico locale; l’album è incluso in varie liste “Best of” del 2014 tra cui Downbeat Magazine e NPR's 50 Favorites. Il 2018 è iniziato con l'uscita di non uno, ma due album politicamente impegnati: “YRU Still Here?”, il tanto atteso terzo album del trio post-rock / noise di Ribot Ceramic Dog -che prosegue sulla scia dei precedenti album sperimentali no-wave / punk / noise “Rootless Cosmopolitans” e “Shrek”- e “Songs of Resistance”, che vede le ospitate eccellenti di Tom Waits, Steve Earle, Meshell Ndegeocello e altri ancora; entrambi gli album denunciano con rabbia e indignazione i tempi turbolenti in cui stiamo vivendo. Del 2020, 2021 e del 2023 sono le pubblicazioni rispettivamente degli album “What I Did On My Long Vacation”, “Hope” e “Connection” con il trio Ceramic Dog. Del 2025 è infine l'attesissimo album "Map of a Blue City", in lavorazione da 30 anni.
“Ribot, suona come sempre in modo fantasioso ed è primattore di quella che potrebbe essere la sua affermazione definitiva come strumentista, autore e persino cantante” (New West Records).
Marc è spesso in tournée con diversi progetti tra cui il suo trio Ceramic Dog con il bassista Shahzad Ismaily e il batterista Ches Smith; con The Young Philadelphians di Jamaaladeen Tacuma e Calvin Weston e con Caged Funk, un progetto di arrangiamenti funk della musica di John Cage. Nel 2007 gli è stato dedicato il documentario “The Lost String”, diretto da Anaïs Prosaïc, mentre nel 2021 è uscito il suo primo libro, “Unstrung: Rants and Stories of a Noise Guitarist” (tradotto in Italiano nel 2023 per le Edizioni SUR con il titolo “Nelle mie corde. Storie e sproloqui di un chitarrista noise”). Marc ha pubblicato oltre 30 album a proprio nome nell’arco di oltre 40 anni di carriera, esplorando tutto: dal jazz d’avanguardia di Albert Ayler con il suo gruppo Spiritual Unity, al sound cubano di Arsenio Rodríguez (con due CD acclamati dalla critica come Marc Ribot Y Los Cubanos Postizos).
Un vero gigante!