Redi Hasa (Albania): violoncello
Bijan Chemirani (Iran): oud, percussioni (zarb, daf, calebasse, saz lafta)
Rami Khalife (Libano): pianoforte
Può la bellezza salvare il mondo? È questa la scommessa di Bijan Chemirani, Redi Hasa e Rami Khalifé, tre straordinari virtuosi uniti per creare “L’Antidote”, un repertorio strumentale di incredibile e rara bellezza e raffinatezza che contrappone il soffio vitale e curativo della musica ai veleni che il presente ci somministra quotidianamente. Maestro iraniano dello zarb e delle percussioni persiane, appassionato tanto di jazz quanto delle sonorità mediterranee, Bijan Chemirani fonde la sua scienza del ritmo con quella del violoncellista albanese Redi Hasa –noto per aver contribuito alla rinascita della musica tradizionale dell’Italia meridionale, ma anche per le collaborazioni con Maria Mazzotta, Ludovico Einaudi e Robert Plant– e con il pianista libanese Rami Khalifé, che mescola con maestria classica ed elettronica sui tasti del suo pianoforte. Sebbene i loro percorsi si fossero precedentemente già incrociati, il vero incontro avviene ai primi di marzo del 2020, in uno studio di registrazione a Lari, in Toscana, durante una sessione di registrazioni brutalmente interrotta dall’arrivo della Pandemia, quando il tempo sembrava sul punto di fermarsi. I tre virtuosi si ritroveranno nell’autunno 2024, in puglia, in una magnifica cornice inondata di luce, per registrare finalmente “L’Antidote”, in pubblicazione a settembre 2025. “La musica è un antidoto alla realtà, che a volte è segnata da delusioni e sogni infranti”, spiega Rami Khalifé. “Ha un effetto terapeutico sulla mente e sul corpo: ci calma, ci dà speranza, ci cura e ci aiuta a vedere le cose sotto una nuova luce. La musica trascende tutto.” Nel loro athanor (crogiolo alchemico), i tre alchimisti riversano per prima cosa il loro straordinario talento per l’improvvisazione nella composizione dell’album, realizzato senza spartiti. Lontani da ogni egotrip, in “L’Antidote” Bijan, Redi e Rami si ascoltano e intrecciano paesaggi poetici e sensibili, dove convivono le loro grammatiche personali e scorci di un Oriente plurale, in equilibrio tra geografie intime e un gusto condiviso per la sperimentazione. “L’Antidote è un’isola dove possiamo incontrarci per suonare una musica che ci somiglia e ci unisce, al di là delle nostre individualità”, sintetizza Bijan Chemirani, che suona zarb, daf, calebasse e saz lafta con l’umiltà di un saggio, mentre Rami Khalifé dispiega la sua arte del contrasto su un pianoforte a coda, talvolta preparato. Quanto a Redi Hasa, fa cantare il suo violoncello, ora minimalista, ora barocco, ora tormentato. Sperimentazione e tradizione si fondono grazie a un sapiente uso di elettronica, distorsioni ed effetti vari applicati agli strumenti acustici. “Per me, la musica è un respiro, un’aria, un incontro. Con Rami e Bijan ci siamo trovati, e attraverso il linguaggio musicale ci siamo conosciuti e abbiamo raccontato le nostre storie. Sono nate bellissime sfumature, radicate nelle terre di Bijan, Rami e mie, l’Albania.” dichiara Redi. Spazio, aria, tempo, silenzio… Segnato dalla bellezza di un ambiente favorevole al sogno e alla contemplazione, il trio si lascia permeare dall’essenza di una musica meditativa, in brani in chiaroscuro dalle delicate melodie levantine o ipnotiche. Ma se purezza e contemplazione aiutano a trovare la pace, a volte non c’è niente di meglio di una buona trance per liberarsi dalle energie negative: insomma, per sudare il veleno, bisogna ballare! I tre musicisti si concedono allora la gioia di ritmi veloci, dove la febbre dell’elettronica flirta con la giubilo balcanico. Ballare, godere, piangere, (dis)sperare, ridere, guarire… un ventaglio di emozioni che attraversa “L’Antidote” e collega esseri umani e culture. Con “L’Antidote”, i tre musicisti coltivano bellezza e speranza su scala universale.
Nota della produzione: “abbiamo cominciato a lavorare al progetto tra fine febbraio e inizio marzo 2020. I musicisti erano arrivati da luoghi diversi per raggiungere Lari, un bellissimo borgo in Toscana. I primi profumi della primavera imminente erano già offuscati da ciò che stava per accadere. Avevo intuito i primi segnali a Singapore, in città e soprattutto sul volo di ritorno, dove molti passeggeri indossavano mascherine. Ma, come molti altri, li avevo sottovalutati. Ero entusiasta di ciò che poteva nascere da quell’incontro artistico: il pensiero del fallimento non mi aveva nemmeno sfiorato. Avevo tre musicisti straordinari che, pur non conoscendosi, avevano molte cose in comune: provenire da famiglie di artisti, una formazione musicale, dei mentori familiari e la particolarità di aver dovuto lasciare le loro terre per ovvie ragioni. Iran, Libano e Albania non sono e non erano luoghi facili per esprimere la propria arte. Avevo un ottimo compagno di viaggio, Alberto Fabris, eccellente produttore e portatore di buone vibrazioni, con una capacità innata di creare coesione. Sì, certo, l’imprevedibile è sempre dietro l’angolo – l’ego di ogni essere umano – ma in fondo sapevo che il risultato sarebbe stato eccellente. Gli avvisi della pandemia diventavano sempre più allarmanti. L’Italia era diventata l’epicentro della diffusione del virus. A Lari, continuavamo a suonare, non senza qualche preoccupazione, e scherzavo dicendo che stavamo lavorando all’antidoto! Il 7 marzo 2020, tutto si fermò, e ognuno tornò a casa. Ci rimasero le registrazioni di quelle sessioni, che rappresentarono il primo laboratorio del progetto… tutti a casa, in lockdown – chi in Australia, chi in Grecia, chi in Italia – in attesa che passasse. Un evento imprevedibile, inaspettato. Due anni dopo, con il ritorno graduale alla normalità, ciascuno si è dedicato ai propri progetti rimasti in sospeso troppo a lungo. Abbiamo quindi deciso di aspettare prima di organizzare un’altra sessione. Quella sessione è finalmente arrivata nel settembre 2024. Questa volta ci siamo incontrati in Puglia, circondati dai profumi dell’estate che sfumava nell’autunno e dalla voglia di ritrovarsi e rimettersi al lavoro. Tutti erano desiderosi e pronti a riconnettersi. La pandemia era finita, ma il senso d’emergenza permaneva. Troppi eventi devastanti: guerre, cambiamento climatico, egoismo umano, e la sensazione che il peggio dovesse ancora venire. L’emergenza non era davvero finita; eravamo ancora alla ricerca di un antidoto. E per noi, la musica è proprio questo: il nostro antidoto.”
Bijan Chemirani, percussionista e oudista iraniano, ha imparato a suonare lo zarb dal padre Djamchid Chemirani e dal fratello Keyvan. La sua carriera inizia giovanissimo, suonando in concerto e registrando con artisti di fama come Ross Daly, Dariush Talai, Ballaké Sissoko, Jean-Guihen Queyras, Sylvain Luc, Sting, Socrates Sinopoulos, Serge Teyssot-Gai, Renaud Garcia Fons, e molti altri. A 22 anni, tra Atene e Marsiglia, registra il suo primo album insieme a Ross Daly: “Gulistan, Jardin des Roses”.
Rami Khalifé, libanese, nasce nel mezzo della guerra civile a Beirut. Celebre per la sua reinterpretazione della musica classica, si è esibito come solista con alcune delle più prestigiose orchestre del mondo, tra cui la Globalis Orchestra, la Qatar Philharmonic Orchestra e la Liverpool Philharmonic Orchestra. Con uno stile tanto eclettico quanto audace, si è affermato come uno dei compositori più influenti del XXI secolo. Ha inoltre composto colonne sonore per film e documentari. Il Daily Star lo ha descritto come “un musicista di altissimo livello ed espressione pura... una deviazione sperimentale e benvenuta rispetto alla norma nel conformismo della composizione classica contemporanea.”
Redi Hasa, violoncellista e compositore albanese, nasce in una famiglia di artisti e inizia a studiare il violoncello a sette anni. Il suo primo album solista, “The Stolen Cello”, è un confronto intimo con lo strumento, da cui nasce un legame profondo che permea ogni traccia. Il secondo album, “My Nirvana”, esplora un viaggio introspettivo nel ‘cuore grunge’ del suo approccio musicale, in omaggio alla band che lo ha profondamente influenzato. Nel corso della sua carriera ha collaborato con Kočani Orkestar, Boban Marković, Bobby McFerrin, Paolo Fresu e dal 2012 è membro stabile della band di Ludovico Einaudi.