per Buscadero Nights: DYLAN LeBLANC (USA)

Live

Ingresso: 20,00€
Minori di 30 anni: 10€ (regolamento sconti)

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Prezzo: 5,00€

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L’anima randagia del Sud: il coyote che canta!

Dylan LeBlanc: voce e chitarra

Dylan LeBlanc emerge come una delle voci più autentiche, intense e carismatiche del panorama Americana, southern rock e folk contemporaneo. Cantautore, musicista e, più recentemente, produttore, LeBlanc incarna lo spirito tormentato e resiliente del profondo Sud americano, forgiando una carriera basata su un talento narrativo crudo e una vocalità capace di scavare nell'animo. Nato a Shreveport, Louisiana, e cresciuto tra le sponde del Mississippi e gli storici FAME Studios di Muscle Shoals, Alabama, LeBlanc ha respirato musica fin dalla culla. Suo padre, James LeBlanc, era un autore di canzoni per la leggendaria FAME, offrendo al giovane Dylan un'immersione precoce nelle sonorità soul, country e rock che avrebbero plasmato il suo sound. L'abbandono degli studi liceali a 16 anni per inseguire la musica non fu una ribellione, ma una vocazione, alimentata dagli insegnamenti della nonna e dalla scoperta di maestri cantautori come John Prine e Leonard Cohen. Lo stile di LeBlanc è una miscela affascinante e malinconica di generi. La sua musica è un amalgama di folk introspettivo, alternative country e rock psichedelico, spesso descritto con sfumature 'Southern Gothic'. La sua voce, che ha subito una notevole evoluzione nel corso degli anni, è oggi uno strumento potente e raffinato, capace di trasmettere vulnerabilità e una saggezza che trascende l'età anagrafica. Le sue influenze spaziano da J.J. Cale a Neil Young, con una predilezione per arrangiamenti d'archi che ricordano Randy Newman e una profondità lirica ispirata da autori come Flannery O'Connor. A distanza di un anno dal clamoroso successo della sua unica data italiana full band, Dylan LeBlanc torna in Italia per un tour chitarra e voce, il modo migliore per conoscere nel profondo le sue canzoni che sono confessioni a cuore aperto. Attraverso la sua musica, ha affrontato e superato demoni personali, dipendenze e crisi esistenziali. La paternità e la stabilità affettiva hanno rappresentato un punto di svolta, infondendo nei suoi lavori più recenti una ritrovata speranza e una motivazione meno egoistica. Oggi, Dylan LeBlanc non è solo un cantautore, ma un narratore che ha trovato la sua voce e la sua pace, trasformando il dolore in arte e offrendo al pubblico un'esperienza musicale autentica, capace di "raggiungere e toccare" chiunque si metta in ascolto. La sua è una storia di caduta e redenzione, raccontata con la chitarra in mano e il cuore in gola. 
Dylan LeBlanc è un cantautore e polistrumentista che spesso si ritrova a flirtare con il limite – o “a danzare sul filo del rasoio”, come lui stesso dice – perché è tutto ciò che abbia mai conosciuto. Vagabondo per destino fin da bambino, sballottato tra Texas, Louisiana e Alabama, LeBlanc prospera sul precipizio, senza restare mai troppo a lungo nello stesso posto. È quello spirito nomade che lo ha attirato non solo verso la vita di musicista in tournée, ma anche verso la creatura che dà il titolo al suo nuovo disco: “Coyote”. LeBlanc dice di essersi sempre identificato con la natura insaziabile e opportunista del furbo coyote. Proprio come l’animale, LeBlanc è un vagabondo che sa quando fidarsi del proprio istinto, in musica e non solo. Si tratta di un’affinità spirituale molto profonda, ma attribuisce a un incontro particolarmente mozzafiato il fatto di aver cementato questo legame con l’animale. LeBlanc era ad Austin, in Texas, mentre scalava la parete di una scogliera alta trenta metri, sfidando la benevolenza di Madre Natura, mentre si arrampicava aggrappandosi ai rami degli alberi. Una volta raggiunta la cima, davanti a lui c’era solo una fitta linea di alberi. Ci fu un attimo di immobilità, poi il suono di un fragoroso fruscio che si avvicinava sempre di più. In un lampo, LeBlanc vide un procione agitato sbucare di corsa dal bosco, inseguito da un animale che si fermò a fissarlo con un’intensità impressionante: un coyote. “Ci guardavamo dritto negli occhi… e io gli dicevo – ad alta voce – «Se dev’essere tu o io, ti butto giù da questa scogliera. Io non mollo» È stato un momento intenso, tra uomo e animale”, ricorda LeBlanc. “Non lo scorderò mai… lui cercava solo di sopravvivere, proprio come me.
Coyote” è il primo disco autoprodotto da LeBlanc, con una formazione accuratamente selezionata di quelli che lui definisce session man fenomenali, come il batterista Fred Eltringham (Ringo Starr, Sheryl Crow), il pianista Jim “Moose” Brown (Bob Seger) e il bassista Seth Kaufman (Lana Del Rey). Sebbene “Coyote” affronti temi familiari per LeBlanc – vivere sul filo del pericolo e le sue molte conseguenze – l’album è sia autobiografico sia un concept album costruito attorno al personaggio di un uomo in fuga, appunto Coyote. LeBlanc conosce bene sfumature di vita simili a quelle di Coyote. Anche lui si è allontanato dalla 'retta via' e ha lottato contro la rabbia nella sua adolescenza. Gli aspetti più contorti di Coyote sono stati plasmati dalle sue esperienze traumatiche, LeBlanc crede che questo sia qualcosa di universale: l’odio non fa distinzioni. “Andavo a scuola con persone di ogni estrazione sociale. Eravamo diversi, ma pensavamo: «Siamo tutti poveri», quindi eravamo tutti sulla stessa barca. Siamo cresciuti tutti nel caos. Era l’America degli anni ’90 in Louisiana, al confine con il Texas… l’aria era pesante, amico. Una mentalità del tipo «o affoghi o nuoti»”. LeBlanc è il primo ad ammettere con cordialità i suoi spigoli e la sua tendenza ad affrontare i conflitti a muso duro, entrambi frutto della volatilità e dell’instabilità della sua giovinezza. Ora, non più un ragazzo costretto a stare sempre all’erta e pronto a difendersi, LeBlanc riconosce che le sue radici non definiscono né limitano l’uomo che è oggi. La copertina, con un coyote ferito da frecce, lo rappresenta chiaramente, simboleggiando la resilienza con cui ha affrontato tutto ciò che la vita gli ha scagliato contro: “Il coyote è ancora in piedi, anche se è pieno di frecce, anche se è stato colpito e ferito molte volte. Continua ad andare avanti, sfidando tutto ciò che gli è stato gettato addosso. Non puoi togliere completamente una freccia. Puoi spezzarla da un lato, ma la freccia resta lì… c’è ancora una cicatrice. Diventa parte di te… della tua identità.” Considerata la saggezza e le vite vissute nella sua voce, non sorprende che LeBlanc conosca le difficoltà, ma è un brillante esempio della bellezza che nasce dalla perseveranza. La sua tenacia ha dato i suoi frutti, portandolo a firmare con ATO Records, a pubblicare l’acclamato “Renegade” nel 2019 e ora “Coyote”, che LeBlanc definisce 'il disco che ha sempre voluto fare'. Ora, trentenne con una fidanzata e una figlia che adora, LeBlanc è più vicino che mai all’uomo che ha sempre cercato di diventare. Con tenera sincerità confessa che sta ancora imparando a essere meno impulsivo e più gentile; ma non pensa più ogni giorno alla morte, come faceva un tempo. LeBlanc attribuisce alla paternità la prospettiva che ora ha su ciò che conta davvero, e il suo pensiero principale è rimanere devoto alle persone che ama di più. Pur lontano anni luce dalla vita pericolosa di Coyote, LeBlanc ammette che a volte si sente comunque come se stesse danzando sul filo del rasoio. Il bene che lo circonda gli dà solo di più da perdere, ogni scintilla porta con sé un asterisco di paura. Un passo falso e teme che tutto possa svanire, ma il coraggioso LeBlanc sembra dimenticare di aver messo in soggezione persino un coyote selvatico solo con lo sguardo.

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