STEVEN BERNSTEIN SEXMOB (USA)

Live

Ingresso: 25,00€
Minori di 30 anni: 13€ (regolamento sconti)

Streaming

Prezzo: 5,00€

In conformità con le disposizioni vigenti, si rendo noto che:

- NON È PIÙ RICHIESTA
l'esibizione di un "GREEN PASS" per accedere al concerto

- NON È PIÙ OBBLIGATORIO
indossare una MASCHERINA SANITARIA all'interno dei locali
UNA DELLE DUE SOLE DATE ITALIANE
DEL 25th ANNIVERSARY EUROPEAN TOUR

Ancora fiorente e in evoluzione a 25 anni dalla sua fondazione, il quartetto visionario Sexmob continua a far deflagrare tutte le nozioni preconcette su cosa possa essere una band jazz strumentale. Emersi dalla scena del Knitting Factory nella metà degli anni '90, il trombettista slide Steven Bernstein, il sassofonista Briggan Krauss, il bassista Tony Scherr e il batterista Kenny Wollesen hanno cambiato le regole del gioco con la loro grezza improvvisazione, ricca di groove e swing, con arrangiamenti infinitamente fantasiosi e uno strepitoso senso del divertimento, esibendo altissimi livelli musicali mentre allegramente superano tutti i rigidi confini di genere e gusto. Dal loro debutto nel 1998 “Din of Inequity” in poi, hanno formato uno dei legami artistici più duraturi e sostanziali dei nostri tempi, con un’alchimia (che spesso include ospiti) che a dispetto del tempo mantiene tutta la sua freschezza e capacità di sorprendere. "A questo punto", ha dichiarato NPR First Listen, "Sexmob è un ideale collettivo". Un concerto di Sexmob non ha una scaletta. Una canzone non inizia semplicemente e poi finisce, seguita da applausi. "Non è mai successo una volta in 25 anni", dichiara Bernstein. Invece, stuoli di fedeli fan si recano ad ascoltare una band che abbraccia il rischio perpetuo, seguendo la tradizione del defunto Don Cherry, le cui idee di collage musicale e ‘inizi senza fine’ rimangono i principi più alti. Allo stesso modo, Sexmob non esegue cover di brani altrui: come ha ben detto Bernstein, casomai li 'sexmobba'. Su “Din di Inequity” sono stati ‘sexmobbati’ Prince, Leadbelly, Duke Ellington, Hoagy Carmichael, The Cardigans, la Macarena e altro ancora. In “Solid Sender” (1999) è stato il turno dei Nirvana, degli Stones, dei Dead, degli ABBA e ancora di Duke Ellington, ma -come nel primo album- il mix comprendeva anche brani originali di Bernstein. Con “Theatre and dance” (2000), con Jim Black alla batteria, il quartetto si è soffermato a lungo su Ellington (su commissione del coreografo Donald Byrd) e con “Sex Mob Does Bond” (2001) è arrivata la musica da film di John Barry (e la replica originale di Bernstein "Dr. Yes"). In sostanza, Bernstein e i suoi amici fanno quello che i musicisti jazz hanno fatto sin dagli albori del jazz, suonando canzoni popolari ma trasfigurandole alla propria maniera, e nel processo hanno aperto una via per quanto riguarda forma e struttura, disposizione e ricomposizione (aree in cui Bernstein si è distinto anche al di là di Sexmob). “Il jazz era più forte di qualsiasi musica del suo tempo; era suonato su un piano più psichedelico rispetto alla media delle canzoni di vaudeville o delle Minstrel Songs”, disse una volta Bernstein al giornalista Ted Panken. "Questo è quello che sto cercando di fare con Sexmob". Anche il design della copertina dell'album e le immagini della band sono un gradino sopra: fatto indiscutibile nel caso di “Dime Grind Palace”, del 2003, con la presenza del compianto, grande trombonista Roswell Rudd, insieme a Peter Apfelbaum e Doug Wieselman, colleghi di Bernstein alla Millennial Territory Orchestra (che Bernstein ha lanciato nel 1999). Scott Harding (alias Scotty Hard) ha messo il suo marchio di produzione indelebile su “Dime Grind Palace”, come aveva fatto su “Din of Inequity”, “Solid Sender” e “Sex Mob Does Bond”. Anni dopo, Harding e Sexmob si sono riuniti in una nuova struttura collaborativa che ha fruttato “The Hard Way”, un album decisamente elettronico, in uscita entro fine anno, in cui Wollesen è alla batteria sia acustica che elettrica mentre la band approfondisce ritmi elettronici di Harding e paesaggi sonori, reinventandoli nel processo. Il pianista e compositore Vijay Iyer è ospite in "You Can Take a Myth", in cui spruzza toni acuti e armonie astratte sui toni di un basso processato da Scherr mentre la composizione si dispiega. John Medski (di Medeski Martin & Wood) è all’origine degli accordi di organo e dei perfetti fraseggi blues in "Banacek" e crea una atmosfera magica grazie al mellotron, contrappuntando gli evocativi campionamenti di balafon di Harding, in “Club Pythagorean”. In ogni contesto metodologico, l'estetica Sexmob rimane disinibita e vera. Per l'innovativa Blue Series dell’etichetta Thirsty Ear, nel 2006 la band si guadagna la nomination ai Grammy Awards, pubblicando “Sexotica”, una rivisitazione del genere Exotica di Martin Denny con un ampio lavoro di post-produzione di Danny Blume e Chris Castagno (il team noto come GoodandEvil). Per Thirsty Ear esce anche “Sex Mob Meets Medeski: Live in Willisau 2006”, insieme al maestro d'organo in una scatenata scorribanda attraverso l'amato repertorio Sexmob. Nel 2013 il nucleo principale del quartetto Sexmob torna ancora una volta alle colonne sonore con “Cinema, Circus & Spaghetti (Sexmob Plays Fellini: The Music of Nino Rota)” e nel 2017 viene pubblicato “Cultural Capital”, la prima uscita di Sexmob composta interamente da brani originali di Bernstein. "…come i migliori film", ha detto Abe Beeson della KNKX di “Cultural Capital”, "c'è umorismo, intrighi, confusione, dolore, passione e il sempre presente loose groove”. Con ogni proposta -e sicuramente con “The Hard Way” e la sua ricca tela groove elettroacustica- Bernstein e la band esprimono un impulso modernizzante ma anche una base altrettanto solida nelle radici del jazz e della canzone americana. L’immersione di Sexmob in una vasta gamma di musica contemporanea è coerente con l'esperienza camaleontica di Steven Bernstein, esibitosi al fianco di giganti come Aretha Franklin, Sting, Lou Reed, U2, Linda Ronstadt, Digable Planets, Hal Willner, Sam Rivers, Bernie Worrell, Henry Butler, Little Feat, Courtney Love e una miriade di altre leggende. Bernstein è stato direttore musicale della Kansas City Band (dal film di Robert Altman), dello spettacolo Steroid Maximus di Jim Thirlwell e dei progetti di Hal Wilner su Leonard Cohen, Doc Pomus e Bill Withers. Ha pubblicato quattro album a suo nome per la Tzadik Records di John Zorn: “Diaspora Soul”, “Diaspora Blues”, “Diaspora Hollywood” e “Diaspora Suite”. Ha collaborato con giganti del jazz tra cui Roswell Rudd, Don Byron e Medeski, Martin & Wood. Dal 2004 è stato un membro della Midnight Ramble Band di Levon Helm, suonando nella casa di Helm a Woodstock oltre ai tour. Come arrangiatore, Bernstein ha scritto per Bill Frisell, Rufus Wainright, Marianne Faithfull ed Elton John, tra gli altri. Ha composto per danza, teatro, cinema e televisione e, con il compositore John Lurie (di cui è stato sodale nei fantastici Lounge Lizards nei primi anni ‘90), ha arrangiato le colonne sonore di molti film, tra cui “Get Shorty”.
Funky, blues, con una dissonanza a brandelli evocata dal sassofono gutturale di Krauss e segnata dal caratteristico lamento del sopraffino suono di Bernstein, Sexmob continua a scrivere nuovi percorsi nella musica creativa del 21° secolo.
https://www.stevenbernstein.net/

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