BUMP MEETS PANATLANTIC

Live

Ingresso: 25,00€
Minori di 30 anni: 13€ (regolamento sconti)

Streaming




PREVITE (USA), SWALLOW (USA),
HORVITZ (USA), PETRELLA, PUSCHNIG (A)

Il jazz contemporaneo ai suoi massimi livelli

CONCERTO STELLARE

È l’incontro magico e unico del meglio di due magnifiche band: Bump, che fu l’esplosiva formazione americana con cui Previte calcò i palchi italiani a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 registrando due dischi, di cui fanno parte il pianista Horvitz e il bassista Swallow, e Pan-Atlantic, il nuovo ensemble tutto europeo di Previte che ha già un disco all’attivo (2009), i cui rappresentanti sono il trombonista Petrella e il saxofonista Puschnig. È il primo (e resterà l’unico) tour di questa formazione monster che lascia interdetti per la sua caratura artistica e tecnica.

Bobby Previte. Classe 1951, la sua prima apparizione su un palco risale al 1956 al Niagara Falls Talent Show in cui, solo e chitarra alla mano, canta Hound Dog di Presley. Cresciuto a soul e rock, alla sua formazione accademica hanno contribuito figure come John Cage, Morton Feldman e Jan Williams. Nel ’79 inizia il suo sodalizio con le stelle della scena downtown newyorkese. Ampiamente acclamato per il suo batterismo elettrizzante e la sua scioccante inclassificabile musica, è stato insignito con innumerevoli premi. Ospite del Saturday Night Live con William Shatner, era ‘il batterista’ nel film Short Cuts di Robert Altman. Docente per masterclass in tutto il mondo, ha collaborato e collabora con una gamma strabiliante di stelle. Capace in un solo anno (il 2006) di effettuare tre tour in Europa e due negli States, pubblicando contemporaneamente tre nuovi album, l’inarrestabile e vulcanico Bobby ha sviluppato negli anni i più disparati progetti, tra cui: l’ensemble da camera The Constellations, uno show di batteria elettronica in solo (Dialed In), un quartetto di chitarre con Charlie Hunter, Stephen Bernstein e Jamie Saft (The Coalition of the Willing), un quartetto con l’organista Marco Benvenuto e due sassofoni (Strike), un duo con Hunter (Groundtruther), un trio con Skerik e Saft (The Beta Popes) e si è cimentato con la scrittura di una piece teatrale basata su composizioni del XV secolo.

 Steve Swallow. Classe 1940, ha suonato con alcuni tra i più grandi della storia del jazz: Paul Bley, Gorge Russell, Benny Goodman, Stan Getz, Bill Evans, Jack DeJohnette, Chick Corea, John Scofield, Carla Bley, Jimmy Giuffre. Steve è uno dei compositori e strumentisti cui la qualifica di jazzista bianco è assai pertinente e per niente discriminatoria. Il suo bassismo, sia quello acustico coltivato fino ai trent’anni che quello elettrico perfezionato negli anni successivi, è quanto di meno afro e di più americano-occidentale si possa apprezzare sulla scena jazzistica mondiale. Il suo fraseggio, razionale, sereno, privo della drammaticità dei più ispirati performers di colore, scava alla ricerca di una traccia coerente, elegante, educata e sensuale. Ne consegue una scrittura geometrica, delicata, ironica, sottile, mai sguaiata o delirante. Con la naturalezza di un chitarrista, usando il plettro e giocando con i tasti dello strumento, riesce straordinariamente a swingare, accarezzare, scivolare, creare contrappunti senza durezze, esaltando così il suo innato eclettismo.

Wayne Horvitz. Nato nel 1955 a New York, sulla cresta della musica contemporanea dalla metà degli anni ’70, si è imposto nel tempo come pianista, compositore e produttore discografico. Fondatore della New York Composers Orchestra, ha lavorato con artisti del calibro di Billy Bang, Marty Ehrlich, Bill Frisell e John Zorn. Le sue band (Pigpen, Ponga, The President, The 4+1 Ensemble e Zony Mash) hanno sempre riscosso entusiastici plausi in patria come all’estero. Insignito di numerosi premi per la composizione, Wayne ha preso parte a diverse produzioni teatrali e di danza e ha scritto brani per terzi, tra cui i Kronos Quartet. In molta della musica di Horvitz è percepibile un’intrigante e mutevole melanconia, che permea le sonorità e lo spirito delle sue composizioni e delle sue performance. Sia al pianoforte (come nell’American Bandstand) che al sintetizzatore o sull’Hammond B3 (rispettivamente in Upper Egypt e Cold Spell), la sua intelligenza indagatoria è sempre in evidenza, mentre la sua straordinaria abilità tecnica è tale da consentirgli di realizzare qualsiasi proposito la sua immaginazione gli suggerisca.

Gianluca Petrella. Nato a Bari nel 1975, è unanimemente considerato fra i più dotati trombonisti jazz del momento. Inizia la sua carriera a fianco di Roberto Ottaviano nel 1993. Vince nel 2006 e nel 2007 il celebre Critics Poll, la classifica dei migliori artisti emergenti del jazz mondiale stilata da Down Beat. Collabora con molti prestigiosi musicisti, tra cui Carla Bley, Pat Metheny, Steve Coleman, Lester Bowie, Manu Dibango, Oregon, John Abercrombie, Bojan Z e poi Antonello Salis, Enrico Pieranunzi, Gianluigi Trovesi, Danilo Rea, Flavio Boltro, Enzo Pietropaoli, John De Leo, Giovanni Lindo Ferretti e molti altri. Ha preso parte a numerosi tour con i Noisemakers di Roberto Gatto e nel 2000 è stato nell’Orchestre National de Jazz, diretta da Paolo Damiani. Django d’Or nel 2001 come miglior talento, ha partecipato ad alcuni dei più importanti festival jazz del mondo. Nel 2002 ha vinto il referendum Top Jazz della rivista Musica Jazz come miglior talento e nel 2005 come miglior jazzista italiano. Da oltre 10 anni è tra i principali collaboratori di Enrico Rava. Tra i suoi progetti l’Indigo 4, con Paolino Dalla Porta, Francesco Bearzatti e Fabio Accardi; Brass Bang! un quartetto ‘energetico’ di fiati con Fresu, Bernstein e Rojas; e la sua amata Cosmic Band, che riunisce alcuni dei migliori nomi del giovane jazz nazionale, premiata per due anni di fila (2008 e 2009) con il Top Jazz come migliore formazione jazz dell’anno. Molte le prestigiose pubblicazioni discografiche al suo attivo (riceve anche una nomination all’Italian Jazz Awards 2009).

Wolfgang Puschnig. Un’innata attitudine cosmopolita con fortissime radici regionali: il musicista e l’uomo Puschnig, classe ‘56, sin dai primi ‘80 ha reso se stesso manifesto ed esempio perfetto di questo dualismo nel mondo della musica jazz. Cresciuto artisticamente in Carinzia, nutrendosi di musica folk e jazz e una varietà di altri movimenti musicali, esploso musicalmente a Vienna, nel ’77 Wolfgang è co-fondatore della celeberrima Vienna Art Orchestra, con cui lavorerà per molti anni. A metà degli anni ’80 si consolida la sua prolifica collaborazione con Wolfgang Reisinger (Pat Brothers) e con Uli Scherer, pianista della VAO. Dal sodalizio con Carla Bley scaturisce la maturità artistica di Puschnig e per la prima volta diventa chiaro che la sua cifra stilistica più espressiva, ‘cantare’ attraverso il saxofono (già dai primi anni ‘80 suo inconfondibile ‘marchio di fabbrica’), affonda le sue radici nella melanconia della musica tradizionale Slava. È la svolta che origina le sue collaborazioni più sperimentali (Samuel Nori, Jamaaladeen Tacuma, Alpine Aspects). La sua intonazione elegiaca, le melodiose espressioni vocali delle linee che contribuiscono al suo personalissimo stile, mostrano che persino in questi tempi di fastidiosa mente confusa varietà postmoderna è possibile sviluppare un idioma romantico immediatamente riconoscibile.