MARIO INCUDINE

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Ingresso: 18,00€
Minori di 30 anni: 9€ (regolamento sconti)

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Finalista al Premio Tenco per il miglior disco in dialetto

Seguivamo da un po’ di tempo questo nuovo talento della musica popolare, così quando si è presentata l’occasione di inserirlo nella stagione del Venticinquennale, non ce la siamo lasciata scappare. Pochi giorni dopo l’accordo sul concerto da fare al FolkClub, è giunta la notizia del suo inserimento nella cinquina dei finalisti per la categoria “miglior disco in dialetto” al Premio Tenco e la cosa più che stupirci, ci ha inorgoglito e ha confermato la bontà della nostra scelta. Perché il disco che Mario presenta al FolkClub, il suo terzo dopo aver affrontato il tema dell’immigrazione con Anime migranti e quello dell’Unità d’Italia con Beddu Garibbardi, è davvero una rivelazione, e lo impone come nuova dirompente voce non solo della canzone popolare, ma anche di quella cosiddetta d’autore.

Italia talìa (“Italia guarda” in siciliano) è un invito ad aprire gli occhi per ammirare, stupirsi e prendere coscienza della realtà, risvegliarsi dal sonno. Mario, portabandiera del sound siculo e autore di musiche per teatro e cinema, ancora una volta si affida alla lingua siciliana (che in questo progetto lascia spazio anche a quella italiana) per rivolgersi al suo pubblico e raccontare, in un alternarsi di luci e ombre, storie del nostro tempo. I suoni sono quelli sbocciati e miscelati nel bacino del Mediterraneo associati a batterie e chitarre elettriche che iscrivono il disco nella più contemporanea world music. Commenta lo scrittore e giornalista Carmelo Sardo nella nota introduttiva del cd: “...la voce ora dolce ora incisiva di Mario Incudine ti ricorda le tragedie e i soprusi che hanno fatto la storia di questo Paese che troppo spesso si è voltato dall’altra parte…nell’animo sensibile dei siciliani come Mario Incudine si agita una pressante voglia di riscatto…”. È un disco intenso, sentito, dove la straordinaria capacità di Mario di comporre testi di grande forza espressiva attraverso l’uso del dialetto esplode in tutta la sua bellezza poetica e violenza comunicativa. Pezzi come Duedinotte (si chiuvissiru pezzi di luna mi facissi un vestitu di re, p’arrubbariti tutti i pinzera e taliari dda intra cchi c’è), Salina sulla tragedia dei migranti che attraversano il Mediterraneo (su un pozzu iri avanti un mi mannati arreri lassatimi muriri ammenzu ‘o mari), o Escusè muà pur mon franzè, su un sopravvissuto al crollo della miniera di Marcinelle che lascia la sua innamorata belga (mi nni scappai ppi lu gran scantu e la virgogna ca di triccentu, Diu mi salvau. Iu ti lassai, unica rosa intra ‘u carbuni, unicu beni intra lu mali, unica cosa di ricurdari) aspirano già al rango di classici.

Al FolkClub con Mario (chitarra e voce), Antonio Vasta (fisarmonica, organetto e zampogna a paru), Antonio Putzu (fiati), Pino Ricosta (basso), Manfredi Tumminello (chitarra elettrica), Emanuele Rinella (batteria).